Roberto Chessa

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MADE IN ITALY FOR SALE – Eccellenze italiane in mano straniera

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Se le piccole imprese italiane sono in crisi, per fortuna ci pensano i grandi marchi a tenere alto il nome ed il pil del nostro paese.

Da sempre Italia e Francia si contendono il primato in settori come la cucina e  la moda. Ma sempre non vuol dire adesso.

Proprio in questi giorni sono rimasto basito nel leggere quanto ci comunica la coldiretti.

Un allarme agghiacciante. Un patrimonio di oltre 10 miliardi passato a società straniere e multinazionali.

Con il perseverare della crisi ,  si è verificata una accelerazione nel processo di cessione di marchi storici dell’agroalimentare. Il presidente della Coldiretti Sergio Marini, manifesta la propria preoccupazione. Soprattutto per quanto concerne l’eventualità in cui dovesse avvenire uno spostamento delle fonti di approvvigionamento della materia prima, sinonimo di qualità dei nostri prodotti. Per non parlare dell’occupazione.

L’ultimo acquisto straniero è stata la casa produttrice dei famosi cioccolatini Pernigotti alla famiglia turca Toksoz. Gli fanno compagnia : Riso Scotti – Star – Parmalat – Orzo Bimbo – Olio Sasso – Bertolli – Peroni – Invernizzi –Locatelli – Fiorucci – San Pellegrino – Antica gelateria del corso – Perugina – Buitoni – Carapelli – Boschetti – Chianti classico – Galbani – Gancia.

L’elenco, purtroppo è veramente lungo. Ormai le notizie di cessioni  delle nostre aziende storiche si susseguono in maniera vertiginosa. Francia, Spagna, Cina, Turchia. Tutti fanno buoni affari in casa Italia.

In questi giorni fa notizia il caso Telecom, ma probabilmente ci siamo dimenticati di aziende come Edison e Ferretti. L’Italia è in svendita ed il fenomeno non si limita all’agroalimentare.

Almeno dovremo tenerci stretti i marchi in settori dove la crisi si sente meno. I beni di lusso. Purtroppo anche li troviamo il cartello “For sale” : Bulgari, Fendi , Pucci, Gucci, Loro Piana, Valentino, Ferrè…..

Alla luce di quanto emerso, mi domando se sia meglio “far cassa” e godersi una ricca pensione, o se le nostre imprese abbiano perso lo smalto di un tempo e la capacità di competere in un mercato sempre più esigente ?


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Nuove riforme per competere – Italia fanalino di coda

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Gli esperti si dividono. Chi vede i primi segni di ripresa e chi invece  non vede via d’uscita  se non  il default del nostro stato. C’è chi ritiene fondamentale l’appartenenza al carrozzone europeo, e chi invece lo considera causa attiva del crollo della nostra economia.

Per il cittadino “non addetto ai lavori”, spesso risulta difficile comprendere dove stia la verità.

Le testate libere di essere obiettive sono sempre meno. Dobbiamo leggere un punto di vista. Di chi propende da una parte e chi dall’altra. Le associazioni di categoria portano l’acqua al proprio mulino.

Negli ultimi anni siamo sttai condizionati da  pil  e spread. Che detto così potrebbe dare adito a facili metafore e analogie. Nel mese di agosto il famigerato spread (differenziale tra titoli di stato tedeschi e italiani)  è sceso a quota 250, il che è sicuramente positivo, nonché relativo. Il calo vertiginoso del pil (prodotto interno lordo) accende un preoccupante allarme sul quale riflettere e soprattutto agire.

Mentre chi ci governa gioca a fare la guerra delle parti,  a suon di  marachelle e bustarelle, il debito dello stato ha superato i 2 miliardi di euro.

Anche un bimbo potrebbe dire che per una vera svolta ci vogliano segnali forti. E’ il momento delle riforme intelligenti. Efficaci.

Le imprese sono strozzate, dal  sistema bancario e dalla mancanza di liquidità. Diminuiscono le commesse, cala la produzione, l’occupazione  è scesa ai minimi storici.

C’è bisogno di focalizzarsi sulle soluzioni e non su nuove forme di propaganda elettorale.

Se ci fosse una classifica, Il nostro paese sarebbe sicuramente sul podio per quanto concerne burocrazia, privilegi, de-meritocrazia e classe politica inconcludente .

Uno studente al primo anno di economia ci direbbe che per una ripresa sia indispensabile rivedere le politiche del lavoro.

Il nostro tessuto economico è basato sulle piccole imprese. Producono reddito,  pagano le tasse, creano occupazione e ricchezza.  Una Pubblica Amministrazione più snella e produttiva. Più puntuale nei pagamenti alle imprese .

Il benessere viene circoscritto in ambiti sempre più ristretti . I benestanti di un tempo, oggi ritenuti i nuovi poveri, svestono i panni di consumatori assidui . Non circola denaro e il sistema s’inceppa.

Sono le basi, ed è proprio da li che dovremo ripartire.

Non che le nostre imprese siano esenti da colpe e responsabilità, ma questo è un altro discorso.

Ci si trincera dietro l’alone della crisi , tanto da restare bloccati anche nelle più piccole azioni che potrebbero fare la differenza.

Il fatto che stati come Spagna, Grecia, Portogallo si trovino nella nostra situazione se non peggio, ci da un macabro conforto . Uno stato di malessere generale condiviso.

Invece , dovremo prendere esempio da paesi come Slovacchia, Estonia, Svezia, per non parlare di Austria, Germania, Giappone. Oggi la nuova America sembra essere ciò che un tempo veniva definito terzo mondo.

E noi culla della civiltà, della cultura, della storia e delle tradizioni, ci troviamo a ricoprire un nuovo ruolo di spettatori in un mercato sempre più globale. Parliamo di competitività.

Secondo la classifica stilata dall’Atlante sulle competitività 2013, l’Italia si trova fanalino di coda davanti solamente a Polonia e Ungheria. Alcuni dei parametri presi in considerazione sono :

Funzionamento del mercato del lavoro, stabilità economico – politica, innovazione e tecnologia.

Indagini, analisi, ricerche. Abbiamo solamente l’imbarazzo della scelta.

In questi giorni sono state pubblicate le pagelle sulle riforme a cura del Fondo monetario e Ocse.I dati sono impietosi.  L’italia risulta bocciata in 5 materie su 9.

Istituzioni , infrastrutture, valorizzazione del capitale umano, mercato del lavoro, servizi professionali

E le altre 4 ?

non illudiamoci, siamo stati rimandati a settembre, a causa delle riforme incomplete :

Opportunità di business, liberalizzazioni del commercio, innovazione

La strada da percorrere sembra ancora molto lunga. Siamo indietro ed in gravissimo ritardo rispetto ad altri paesi. Questo potrebbe essere anche un fattore positivo. Si dice che quando si tocca il fondo si può solo risalire. Abbiamo pertanto grandi margini di miglioramento. Attuando  immediatamente azioni concrete, il nostro paese non potrà che percorrere un lungo cammino di crescita con un incremento continuo del tanto amato pil.